I Piani di protezione civile come laboratori di comunità
L’interessante articolo proposto da Marco Altamura e Marina Morando, pubblicato da Labsus il14 giugno scorso, ci offre una nuova visione del Servizio Nazionale di Protezione Civile quale bene comune e, come tale, oggetto di Amministrazione condivisa.
Da questa idea parte il racconto di Marco e Marina, entrambi ricercatori della Fondazione Cima- ente di ricerca e centro di competenza del SNPC in materia di rischio idrometeorologico, incendi boschivi e sulla responsabilità degli operatori di protezione civile – che da diversi anni svolge studi, ricerche e collaborazioni in progetti operativi, in esito ai quali si è sviluppata la consapevolezza del valore straordinario di questa realtà come motore non solo di protezione individuale e collettiva nella “società del rischio”, ma anche come propulsore di nuovi modelli di governance e di policy per uno sviluppo sostenibile.
Attraverso l’evoluzione giuridica sulla materia, che dagli anni ‘80 ha dato vita alla Protezione Civile moderna (cioè il superamento della logica del mero soccorso post evento) fino all’introduzione del Codice di Protezione Civile (D.Lgs. 1 del 2018), l’articolo ci sottolinea come la mission stessa della Protezione Civile sia cambiata diventando soggetto con compiti di tutelare, anche attraverso l’educazione alla prevenzione: la vita, l’integrità fisica, i beni, gli insediamenti, gli animali e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi.
La Protezione Civile italiana oggi è una articolata rete di rapporti tra cittadini, soggetti pubblici e privati che, insieme, concorrono al successo del Sistema ed al suo ruolo nevralgico nel nostro Paese. Una comunità solidale – fortemente ispirata al principio di sussidiarietà – che vede il contributo di più di 5000 Organizzazioni di volontariato, e che, con le novità introdotte dal Codice, non solo prevede la partecipazione di tutte le Istituzioni e organizzazioni pubbliche e private dello Stato, ma anche quella dei cittadini singoli e associati nell’attività di pianificazione, nella diffusione della conoscenza e della cultura di protezione civile e nella promozione di iniziative volte ad accrescere la resilienza delle comunità.
Da qui, diventa quindi naturale vedere la stessa Protezione Civile, impegnata in una pianificazione finalizzata al coinvolgimentoe alla partecipazione dei cittadini con la duplice funzione: di aumentare la consapevolezza della collettività rispetto al rischio e di creare condivisione degli obiettivi di protezione civile e quindi facilitare un’azione integrata con e fra cittadini, comunità e autorità locali.
Nella pratica, allargando il concetto di una Protezione Civile quale Bene Comune, ecco che si potrebbero aprire nuove prospettive per la pianificazione territoriale condivisa, con la stessa Protezione Civile al fianco dei Comuni, con particolare attenzione alle realtà più piccole e spesso prive di mezzi e di risorse per progetti finalizzati alla diffusione della cultura di prevenzione e sicurezza del territorio.
L’idea potrebbe essere quella di concretizzare questo partenariato attraverso verso veri e propri patti collaborativi, finalizzati appunto a praticare modelli di amministrazione condivisa, a partire proprio dall’approvazione dei Piani di protezione civile a cui Comuni debbono provvedere, in adesione alle nuove disposizioni del Codice del 2018.
Nell’articolo esempi e riferimenti di legge, che ci offrono suggestioni nuove per lo sviluppo sostenibile del territorio.