Patti Educativi di Comunità per il futuro della scuola come bene comune

Dal Rapporto Unesco “Re-immaginare i nostri futuri insieme. Un nuovo contratto sociale per l’educazione” all’Osservatorio Nazionale, le proposte di Labsus sul tema di Giuseppina Rita Jose Mangione e Rudi Bartolini.

Da diversi anni ricercatori, sociologhi, associazioni culturali e specializzate sul tema partecipazione, tra cui Labsus, sostengono che la Scuola è un bene comune e che il tema dell’educazione è un tema che su cui tutte le componenti della società debbono essere coinvolte, assumendosi la responsabilità del processo educativo. 

Uno strumento molto utile a questa visione ci viene offerto dai “Patti Educativi di Comunità”. Introdotti col Piano scuola 2020/2, durate il periodo emergenziale covid, si sono poi dimostrati un dispositivo strategico per rispondere alle sfide educative più profonde a partire dalla creazione di alleanze fra scuola e territorio. Attraverso di essi si prende coscienza di problemi e obiettivi comuni, si stabiliscono governance per regolare le relazioni fra attori, si individuano azioni da attuare e si approntano gli strumenti necessari. Ma soprattutto concorrono a creare fiducia fra attori sociali e rappresentano oggi uno dei volani più significativi per l’innovazione della scuola pubblica, in quanto incarnano una visione dell’educazione come processo corale, intersoggettivo, istituzionalmente legittimato ma civicamente condiviso.

Nell’articolo di Giuseppina Rita Josè Mangione e Rudi Bartolini, oltre a spiegarci nel dettaglio le applicazioni e le prerogative offerte dai Patti Educativi di Comunità, ci viene sottolineato come i Patti rispondano a declinare in maniera concreta e coerente ai principi contenuti nel Rapporto dell’Unesco Re-immaginare i nostri futuri insieme. Un nuovo contratto sociale per l’educazione” (2023) dove si evidenzia la necessità di un “nuovo contratto sociale per l’educazione” fondato:

  • sui diritti umani e sui principi di non discriminazione, giustizia sociale, rispetto della vita, dignità umane, diversità culturale;
  • su un’etica della cura, della reciprocità e della solidarietà;
  • su una visione dell’educazione come impegno pubblico e bene comune. 

Oltre a questo, diverse ricerche richiamate dalle autrici, ci mostrano come i Patti possano sia assumere forme generative di cittadinanza attiva, attraverso cui i cittadini non soltanto partecipano, ma concorrono a produrre politiche educative pubbliche nella loro forma più matura, che diventare dispositivi di governance multilivello capaci di coniugare innovazione pedagogica e coesione territoriale sia in piccole comunità che in realtà territoriali complesse come i grandi centri urbani. 

 

In questi anni i Patti Educativi di Comunità hanno generato decine di esperienze che l’Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa (INDIRE) e Labsus hanno pensato di raccogliere nell’Osservatorio Nazionale sui Patti Educativi con  l’intento di costruire una vera e propria mappatura, analizzarne i tratti caratterizzanti ed individuare le migliori pratiche, per poter così fornire un efficace supporto alle scuole che vogliono stringere alleanze col territorio.
L’Osservatorio ad oggi ha raccolto circa 200 Patti, il 48,4% di essi sono stati sottoscritti nel Nord Italia, il 34,9% al Sud e il 16,7% al Centro. Le regioni che hanno condiviso il maggior numero di Patti sono Piemonte e Puglia.

Nell’articolo, che alleghiamo, le autrici ci offrono una interessante lettura dei dati fino ad ora raccolti, fornendo importanti focus su obiettivi e realizzazioni dei Patti censiti.

 

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