Verso un nuovo modello di urbanistica tattica partecipata
Un interessante focus sull’urbanistica tattica partecipata, e la sua declinazione concreta, è quello che ci offre l’articolo scritto a più mani dal Gruppo progetto Piazza Spoleto, e specificatamente: Michela Latino e Giulia Marra (per Labsus-Laboratorio per la Sussidiarietà), Armando Toscano e Simona Bianco (per piperà-persone per ambienti) e Claudia Baroni (per ABetterPlace).
Il gruppo, nell’editoriale proposto, non si limita infatti a raccontarci in cosa consiste l’urbanistica tattica in quanto “strumento”, ma come la trasformazione di una via o uno spazio pubblico, per realizzarsi davvero, debba avere al centro la partecipazione di abitanti, fruitori e stakeholder delle aree di intervento.
Solo in pieno coinvolgimento “dal basso” può innescare quel processo di riattivazione del tessuto urbano che permette di rendere un qualsiasi spazio pubblico, in un luogo sicuro, aggregante, uno spazio sociale da vivere.
Partendo da questo assunto, attraverso un racconto corale, ci viene presentata l’esperienza realizzata a Milano in piazza Spoleto, anche conosciuta come piazza Arcobalena, a seguito dell’intervento di urbanistica tattica realizzato nel 2019 nell’ambito del progetto Piazze aperte, che ha trasformato quello che era un incrocio caotico e pericoloso del quartiere “NoLo” in un luogo attrattivo e godibile per più popolazioni.
La cosa particolarmente interessante nella storia del progetto, è come la rivitalizzazione della piazza, pur apportando innegabili benefici, sia stata anche teatro di un conflitto, su cui il Comune di Milano ha riconosciuto la necessità di un accompagnamento esperto in grado di ricucire gli strappi tra popolazioni portatrici di istanze non sempre (e non del tutto) conciliabili.
La nuova area pedonale garantiva di giorno la messa in sicurezza dell’uscita da scuola dei bambini, un nuovo spazio di sosta e socialità per famiglie, oltre che un punto d’incontro per anziani. Ma dal tardo pomeriggio fino a tarda notte, la zona si popolava di giovani, incentivati anche dalla presenza di alcuni locali nati o ampliati a seguito della nuova sistemazione che, avevano portato i classici impatti negativi della movida notturna: abbandono di rifiuti, urla, schiamazzi e musica ad alto volume. Con conseguenti lamentele di molti residenti.
La narrazione quindi, dopo la presentazione dei cambiamenti apportati alla piazza, ci illustra come la gara ad invito del Comune di Milano per «un servizio di progettazione e gestione delle attività di mediazione delle diverse esigenze espresse dai cittadini residenti e/o fruitori della piazza […] in funzione dell’individuazione di soluzioni inclusive e condivise, da implementare mediante un Patto di collaborazione», sia diventata occasione di una strategia collaborativa tra associazioni e realtà locali (piperà-persone per ambienti, ABetterPlace e Labsus) superando i limiti dell’individuazione di un soggetto attuatore mediante una procedura selettiva e competitiva. Si costituisce, di fatto, un “Patto per piazza Spoleto”, delineando un percorso strutturato in due fasi di lavoro consequenziali: una prima fase di ascolto e una seconda fase di negoziazione tra le diverse istanze e di costruzione della proposta di Patto di collaborazione.
L’articolo, coinvolgente e appassionante ci racconta quindi lo svolgimento delle azioni “messe in campo” per passare dall’interesse particolare all’interesse generale, focalizzando l’attenzione sulla co-progettazione e sulla rivalutazione della parola compromesso, riprendendo la sua etimologia latina cum promissus,: “promesso insieme”, cioè «un impegno reciproco assunto da più persone di procedere a un’azione d’interesse comune» (Treccani).
Per saperne di più di questa esperienza, vi invitiamo alla lettura dell’editoriale.