Covid-19, ricostruire la “nuova normalità” con la partecipazione civica
Come sarà la nostra vita dopo il coronavirus? Da cosa ripartire? Sono questi i principali interrogativi non solo dei cittadini ma degli stessi amministratori che stanno affrontando problemi assolutamente inediti, vuoi per la dimensione della pandemia, vuoi per le complessità dei problemi già in essere, aggravati dall’emergenza sanitaria.
Inquinamento, cambiamenti climatici, servizi pubblici, digitalizzazione dei paesi, sviluppo sostenibile, lotta a disoccupazione e disuguaglianze, sono solo alcuni grandi temi, che già Agenda 2030 aveva messo in evidenza, ma che oggi più che mai ci impongono una profonda riflessione sul modello da usare per la ripartenza.
Un’ interessante contributo, viene da un architetto italiano Giovanni Allegretti, ricercatore presso il Centro de Estudos Sociais (CES) dell’Università di Coimbra, (Portogallo) dove co-dirige l’Osservatorio della Partecipazione, dell’Innovazione e dei Poteri Locali (PEOPLES), che ritiene essenziale affrontare la ricostruzione post emergenza attraverso la partecipazione civica.
Nella sua riflessione, che è stata pubblicata da varie testate in Portogallo e altri paesi, il ricercatore italiano ricorda le parole dell’ex presidente della Corte costituzionale italiana, Gustavo Zagrebelski, fondatore della “Biennale della democrazia” di Torino, quando afferma che il governo non sembra comprendere che “le abitudini, le attività e le esigenze materiali e spirituali delle persone non sono materia inerte, plasmabile nei minimi particolari come la cera” e dopo il periodo di obbedienza è necessario costruire la fase della responsabilità.
Perché, dice Allegretti, “chiedere obbedienza e chiedere responsabilità etica sono cose profondamente diverse” e anche i mezzi per promuovere ciascuna di esse sono totalmente diversi.
Nel suo articolo vengono così citati molti esempi di come sempre più amministrazioni abbiano compreso la necessità di condividere le soluzioni con i cittadini, poiché solo attraverso una presa di coscienza comune e cambi di vita collettivi, è possibile affrontare le sfide che una società sempre più complessa e interconnessa richiede.
Occorre quindi un nuovo patto con i cittadini, suggerisce Allegretti citando il “Rapporto 2019 sull’amministrazione condivisa dei beni comuni” redatto da Labsus, e diversi esempi di “amministrazione condivisa” realizzati in Italia ed in Europa, perché gli stessi cittadini hanno dimostrato, proprio durante la pandemia, la forza e la capacità di supplire in maniera decisiva alle nuove necessità create dall’emergenza, sia attraverso l’associazionismo, ma anche con forme meno strutturate come la costituzione di semplici gruppi di cittadini/vicini in rete.
Un fenomeno trasversale in tutta Europa che ha portato alla creazione di veri e propri movimenti, come ad esempio in Francia con la petizione “#NousLesPremiers: uno scenario democratico per il mondo del dopo”, presentata a Macron da un centinaio di sindaci, governatori, intellettuali e leader sociali, proponendo un piano in 3 fasi per la ricostruzione della società e dell’economia, partendo dal coinvolgimento diretto degli abitanti.
A questo punto è bene che non si torni indietro, conclude Allegretti, ma che gli Stati avviino invece un processo di ricostruzione tripartita (istituzioni, imprese, comunità), aprendo spazi sostanziali per i cittadini, e coordinando i livelli di governo in un percorso partecipativo multilivello che possa immediatamente avvalersi (ad ogni livello amministrativo) di tante idee e pratiche di cogestione dei beni comuni, come avvenuto in queste settimane e a cui diventa essenziale dare continuità e valorizzazione.