L’amministrazione condivisa nella fase 2
La gravissima emergenza sanitaria che per oltre due mesi ha confinato i cittadini italiani, ma possiamo dire del mondo, all’interno della propria casa, ha costretto le amministrazioni pubbliche in primis, ma anche economisti, filosofi, opinionisti, giornalisti e la società tutta, ad interrogarsi sulla deriva e i limiti che il nostro modello di sviluppo consumistico ha comportato.
Ai problemi di inquinamento, al traffico, ai ritmi di vita convulsi, ai rapporti umani ridotti al minimo questa crisi ha, se non offerto risposte, dato l’occasione per una profonda riflessione che ci pone oggi, nei primi giorni della fase 2, a ragionare su come ripartire e con quale visione di futuro.
In un acuto articolo di Labsus, sottolineando la contraddizione di come “l’isolamento forzato” in realtà abbia messo in luce con più forza “l’interdipendenza che abbiamo l’uno dell’altro”, si evidenzia come una delle esigenze più forti emerse in queste settimane sia proprio quella di avere un progetto comune.
Il concetto di amministrazione condivisa diventa così una risposta forte, da cui ripartire, per cercare un nuovo modello di società.
Da un welfare di comunità alla necessità di innovazione e riorganizzazione dei servizi pubblici, dalla responsabilità d’impresa all’espansione del cohousing, sono veramente tanti i campi d’intervento dove un’idea di amministrazione condivisa può portare quel valore aggiunto necessario per cogliere l’occasione, rivedere le strategie complessive, indirizzandoci verso uno sviluppo inclusivo e sostenibile, magari declinando finalmente principi di norme forti come l’art. 70 della legge n. 221/2015, tutt’ora inapplicato.