L’educazione civica, paradigma per la scuola post-Covid
Tra i tanti settori colpiti dalla pandemia, sicuramente la Scuola, è uno di quelli che ha pagato un prezzo altissimo. Il blocco delle lezioni, le diversità di opportunità offerte a chi possedeva reti e strumentazioni e il rischio di esclusione dei soggetti più deboli, la mancanza di socialità.
Su tutto questo esistono già dettagliati studi che hanno affrontato con tagli diversi, i problemi generati come il Rapporto di Save the Children, Il sondaggio di IPSOA BACK-TO-SCHOOL o come la ricerca sull’impatto emotivo generato dal lockdown condotta dall’Università di Milano Bicocca.
A fronte di tutto questo, anche considerando la delicata situazione del rientro a scuola e della continuità scolastica in una emergenza non ancora rientrata, nell’articolo pubblicato da Labsus, di Rita Locatelli, si propongono alcune riflessioni su come la pandemia abbia portato a ripensare interamente al tema educazione e alla programmazione didattica.
La stessa relazione insegnante-allievi, l’apprendimento oltre l’edificio scolastico, alla luce delle esperienze fatte, ha ridefinito il concetto di comunità educativa e gli obiettivi del sistema istruzione.
Dal documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione (Piano scuola 2020-2021), approvato dal MIUR il 26 giugno 2020 con un importante riferimento ai Patti educativi di comunità, all’applicazione del concetto Scuola bene comune, al paradigma educazione civica/nuovo modello scolastico, le suggestioni che ci vengono proposte dalla Locatelli sono molteplici, non solo per evitare il ripetersi dei problemi rilevati (alcuni dei quali presenti al di là della pandemia) ma per ripensare alle azioni da “mettere in campo” per garantire a tutti davvero il diritto dell’istruzione e un sistema di istruzione di qualità.