Alle radici di un Patto: una comunità che cura e si prende cura
Questa settimana l’articolo di Labsus che vi proponiamo, racconta di come è nato e si è sviluppato il patto collaborativo “Meano Bella”, piccola frazione del comune di Trento che, negli anni, ha sentito sempre più il bisogno di instaurare un diverso dialogo con la pubblica amministrazione in risposta al desiderio di prendersi cura del territorio che abita.
Alle radici del progetto una donna, Paola Betta, attivista all’interno di alcune organizzazioni del territorio – tra cui la pro loco – che dopo aver partecipato alla consueta iniziativa “Puliamo il mondo”, insieme ad un gruppo di amici, sente la necessità di fare qualcosa per contrastare la situazione trasandata in cui versa il borgo.
La partenza è una lista – come fosse quella della spesa – in cui sono raccolte azioni da mettere in pratica per abbellire e curare Meano, da poter portare avanti in autonomia, come gruppo. Ma ben presto, intorno ai piccoli miglioramenti apportati, nasce anche la necessità di incrementare i progetti e farli diventare non solo un mero abbellimento ma un processo di cura vero e proprio.
Diventa così naturale decidere di organizzarsi meglio in una comunità che cura e si prende cura e quindi di avviare un dialogo con l’ufficio dei Beni comuni dell’amministrazione comunale di Trento, che già dal 2015 aveva un apposito Regolamento.
E’ così nato un vero e proprio Patto collaborativo.
I cittadini, per aver più forza sono entrati all’interno della Pro Loco, organizzazione già radicata sul territorio e strutturata anche per le incombenze burocratiche, aumentandone i componenti e allargando la partecipazione ad amici e conoscenti a cui sono stati spiegati gli obiettivi che si intendevano raggiungere con Meano Bella e la filosofia del progetto, dove bellezza va di pari passo a cura, identità, comunità.
Ad un anno di distanza Francesca Debiasi, referente per i Beni comuni di Trento, e Paola Betta, pattista e socia della pro loco Ca’ Comuna del meanese raccontano questa esperienza attraverso l’articolo di Camilla Falchetti.