L’affido di comunità: per una pratica quotidiana di cura

Mobilitare risorse attraverso un terzo settore capace di ridisegnare servizi ibridi che guardano alle persone non come destinatari e utenti, ma come soggetti capaci di trasformare realmente i propri percorsi di vita. L’utilità dei Patti di collaborazione di Annarita Del Vecchio

I Patti di collaborazione sono la nuova chiave con cui le amministrazioni pubbliche stanno provando forme alternative e audaci di nuovo welfare. Se il concetto di Bene Comune è ormai allargato non solo al patrimonio architettonico di una città ma ad ogni spazio verde, alla Scuola, alla Salute Pubblica…ecco che l’idea fondante di un gruppo o una comunità che si fa carico di un tema, trova declinazioni sempre nuove. 

L’esperienza che Labsus ci propone in questo interessante articolo di Annarita del Vecchio, ci racconta di come la Cooperativa sociale “Il Faro” abbia pensato – proprio attraverso un Patto di collaborazione – di dare risposta alla necessità di famiglie monoparentali (prevalentemente donne con figli/e) e famiglie che transitano in una dimensione di vulnerabilità psicologica e/o economica, ma che se “sufficientemente accompagnate” possono superare il momento di difficoltà e avere un’effettiva svolta nel percorso di vita.  

Si tratta di un affido di comunità, ossia un nuovo modo di praticare la sussidiarietà orizzontale che, pur trovando nei servizi pubblici il riferimento centrale (siano servizi sociali e/o consultorio…) per disegnare, un vero e proprio patto a sostegno della famiglia nelle attività di pratica quotidiana della cura, mette insieme la collaborazione di soggetti pubblici e privati per rispondere alla necessità del nucleo familiare. 

La differenza, con il tradizionale metodo di affido, è data dal fatto che le responsabilità diventano diffuse, con interventi di supporto “più leggeri”, mirati spesso a conciliare tempi di vita e di lavoro del/dei genitori rispetto alle necessità di assistenza per il /i minori (scuola, compiti, pranzo, visite…) ed integrando altresì i bisogni primari anche ad attività che arricchiscono la vita sociale dei bambini in primis, ma di tutta la famiglia.  

Una tendenza molto interessante che l’autrice segue con particolare interesse, in quanto psicologa di comunità e coordinatrice dell’area Empowerment donne e comunità locale. 

L’affido di comunità è infatti una positiva risposta sia alle risorse sempre più limitate con cui gli Enti Locali devono far fronte ai molteplici problemi della nuova società, ma anche un buon esempio di come il welfare di comunità, possa positivamente impattare sulla vita di tante donne, spesso il soggetto “svantaggiato” a cui può essere così data una opportunità di emancipazione.  

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