Sviluppo sostenibile: il ruolo delle Comunità energetiche e l’impegno del Comune di Modena
- 1 Comunità Energetiche: cosa sono
- 2 La sensibilizzazione e il coinvolgimento degli utenti
- 3 In attesa del recepimento complessivo della direttiva
- 4 L'impegno del Comune di Modena e il ruolo dell’AESS (Agenzia per l'Energia e lo Sviluppo Sostenibile)
- 5 Progetti concreti di Comunità Energetiche
- 6 Collaborazione a livello europeo: un nodo ancora critico
- 7 Comunità energetiche: le questioni ancora aperte
- 8 Climate-neutrality, obiettivo irrealizzabile nei tempi proposti?
Comunità Energetiche: cosa sono
Prima il G20 di Roma, poi la COP26 di Glasgow hanno chiaramente evidenziato quale sia lo stato di salute del nostro pianeta e l’importanza di agire in prima persona e subito perché ormai stiamo raggiungendo il punto di non ritorno. Il clima è un’emergenza, alla pari del Covid-19, e quindi bisogna muoversi velocemente, mettere in atto un’efficace transizione energetica e sviluppare una struttura economica e produttiva che rispetti la sostenibilità ambientale. Il Comune di Modena vuole essere uno dei protagonisti in tale transizione energetica, fornendo il proprio concreto contributo. Per questo dal 1998 fa parte del network Energy Cities, la Comunità di città impegnate a rendere le proprie economie a prova di futuro, in un’ideale condivisione di intenti con l’Accordo di Parigi (in particolare intorno alla COP26) e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. D’altra parte, prima del Covid-19, milioni di persone erano in strada per chiedere la giustizia climatica e, come dimostra la cronaca recente, sono ancora attive, nelle piazze reali e virtuali. Le Comunità Energetiche potrebbero fornire loro l’occasione di impegnarsi in prima persona e aumentare la produzione di energie rinnovabili nel territorio. Siccome poi le crisi sociale, sanitaria e climatica sono interconnesse, hanno bisogno di soluzioni comuni. I piani nazionali di ripresa e resilienza rappresentano un’ottima opportunità per i governi di sostenere le Comunità Energetiche con i finanziamenti necessari.
Una Comunità Energetica si basa su un sistema collaborativo tra enti pubblici locali, aziende, attività commerciali e cittadini, che scelgono di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’autoconsumo attraverso un modello basato sulla condivisione.
La decarbonizzazione, attraverso la sostituzione dell’utilizzo delle energie fossili con quelle rinnovabili, e la creazione di Comunità Energetiche, sono temi affrontati da molti anni in Italia sia dall’associazione Legambiente sia dall’Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile (AESS) che hanno contribuito, a livello nazionale e locale, a promuoverne la conoscenza, anche attraverso la partecipazione a progetti europei.
Le Comunità Energetiche non rappresentano soltanto uno strumento ideale per contribuire in modo concreto alla lotta ai cambiamenti climatici, ma anche contro la povertà energetica, che oggi coinvolge in Italia oltre 2 milioni di famiglie. Portando come valore aggiunto un ruolo attivo, comunitario e consapevole di chiunque entri a far parte della Comunità stessa. Accelerando così anche quella necessaria campagna di informazione e formazione su temi centrali come questi.
Le Comunità Energetiche stanno dando un contributo significativo nella lotta contro il cambiamento climatico. Per questo, le persone e le Comunità devono essere riconosciute a livello internazionale come fondamentali per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. E il 2021 è sicuramente stato l’anno delle Comunità Energetiche, grazie anche al fatto che, a seguito della favorevole legislazione europea approvata a fine 2018, la maggior parte dei paesi europei ha recepito la nuova normativa a livello nazionale.
La sensibilizzazione e il coinvolgimento degli utenti
Le Comunità Energetiche sono in grado di coinvolgere nella sfida della decarbonizzazione il maggior numero possibile di attori sociali e la prossimità degli impianti ai consumatori si tradurrà, in molti casi, in installazioni sulle coperture o nelle vicinanze degli edifici, spostando l’attenzione sul tema di engagement attivo dei cittadini.
Il coinvolgimento dei singoli utenti, unitamente con il fatto che tali sistemi possano produrre benefici economici, porterà i membri delle Comunità a comportamenti più virtuosi da un punto di vista energetico e, più in generale, a una maggior conoscenza delle dinamiche che contraddistinguono la produzione, il consumo e la vendita di energia elettrica.
Tali elementi possono portare alla diffusione di soluzioni tecnologiche innovative: un modello che infatti incentivi la produzione di energia e il suo assorbimento istantaneo da parte degli utenti situati in prossimità può fungere da volano sia per lo storage, sia per comportamenti e soluzioni tecnologiche volte al demand response, ossia ad azioni del consumatore che modifichino il suo profilo di carico in risposta a necessità della rete.
Grazie a una responsabilizzazione dei clienti finali spinti ad allineare i propri profili di carico e produzione ed effettuando nel loro piccolo un primo bilanciamento del sistema, le Comunità Energetiche potrebbero anche ridurre i costi di dispacciamento.
In attesa del recepimento complessivo della direttiva
Oggi ci sono ancora ostacoli nel recepimento delle direttive a livello nazionale e una certa sottovalutazione del potenziale che sta nella governance partecipativa. Tuttavia, va evidenziato che il recepimento parziale di alcune indicazioni della direttiva europea “Renewable Energy Directive” (RED II) che definiscono giuridicamente le Comunità Energetiche è molto recente. La conversione in legge, infatti, del cosiddetto decreto Milleproroghe risale a marzo 2020 e stabilisce, in forma sperimentale in attesa del recepimento complessivo della direttiva, la possibilità di creare Comunità che scambiano energia al fine dell’autoconsumo collettivo sia istantaneo sia differito.
Nel rapporto di Legambiente “Comuni rinnovabili” del maggio 2021 sono state censite sul territorio nazionale almeno 30 configurazioni di Comunità Energetiche da fonti rinnovabili ed esperienze di autoconsumo collettivo: è un movimento che sta correndo più velocemente delle installazioni dei grandi impianti e che racconta la voglia di protagonismo dal basso.
L’impegno del Comune di Modena e il ruolo dell’AESS (Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile)
Il percorso di decarbonizzazione ha subìto una forte accelerazione negli ultimi anni e le tematiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale sono divenute centrali non solo nelle politiche europee, ma anche nelle politiche degli enti locali. La città di Modena è collocata in un’area molto critica per la qualità dell’aria e quindi la svolta energetica green risulta particolarmente urgente per migliorare il benessere delle persone.
Nel 1999, su iniziativa del Comune e della Provincia di Modena, è stata fondata l’AESS (Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile): è un’associazione ONG legalmente riconosciuta per lo sviluppo energetico sostenibile del territorio. I soci sono enti della Pubblica Amministrazione e l’associazione annovera numerosissimi comuni e provincie di Emilia-Romagna e Puglia. AESS fa parte della rete europea delle agenzie per l’energia ManagEnergy e della rete italiana delle agenzie per l’energia RENAEL.
AESS rappresenta quindi per il Comune di Modena sia un elemento di supporto per la messa in campo di politiche energetiche sostenibili, sia uno strumento di sensibilizzazione e confronto con altre realtà istituzionali.
La maggioranza dei comuni soci di AESS è entrata a far parte della rete del Patto dei Sindaci e ha redatto o sta redigendo i Piani d’azione per l’energia sostenibile (PAESC). Nel Comune di Modena, per esempio, il Piano è stato approvato a febbraio 2021 con obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 di almeno il 55% entro il 2030, già quindi in linea con quelli della UE.
L’iniziativa del Patto dei Sindaci ha avuto una ricaduta positiva sul territorio nazionale, con il coinvolgimento di un ampio numero di città e stakeholder e un aumento della sensibilità alla questione climatica. Ciononostante, i Comuni hanno riscontrato problematiche interne, soprattutto nei medio-piccoli, che hanno ostacolato un’adeguata partecipazione all’iniziativa. È quindi necessario che a livello nazionale sia fornito un maggior supporto a questi Comuni nell’attuazione dei propri Piani d’azione, abilitando nuovi strumenti e/o rendendo più efficaci quelli esistenti.
Risulta però evidente come un numero crescente di città si stia impegnando proattivamente con i propri stakeholder locali e crei con successo Comunità Energetiche. Tuttavia, il processo è lungo e complicato e quindi dovrebbe essere facilitato da migliori normative nazionali.
Progetti concreti di Comunità Energetiche
Grazie al cofinanziamento del fondo europeo EIT Climate-KIC, a settembre 2019 è stato avviato da AESS, ENEA e Università di Bologna, con la partecipazione di cittadini, associazioni locali ed imprese del territorio, il progetto GECO (Green Energy COmmunity): entro il 2023 porterà alla creazione della prima Comunità Energetica virtuale dell’Emilia-Romagna, a Bologna, nei distretti di Pilastro e Roveri, utilizzando la rete esistente in aree dove attualmente c’è un consumo di elettricità di 430 MWh anno.
Al centro della Comunità cittadini e aziende che svolgeranno un ruolo attivo nel processo di creazione, produzione, distribuzione e consumo dell’energia. L’area di sviluppo comprende una zona residenziale di 7.500 abitanti, una zona commerciale di 200.000 mq che ospita un parco agroalimentare, due centri commerciali e un’area industriale di oltre 1 milione di mq, dove sono presenti impianti solari fotovoltaici per un totale di 16 MW, e impianti solari per un totale di 2 MW nell’area industriale Roveri.
Attraverso GECO verranno realizzati 8 nuovi impianti da fonti rinnovabili associati a sistemi di accumulo, trasformando aziende e cittadini in prosumer. In particolare: un impianto da 200 kW per il centro agroindustriale CAAB/FICO, un impianto a biogas da 20 kWe e 30 kWt per lo smaltimento dei rifiuti organici, un impianto solare fotovoltaico da 100 kW su più edifici residenziali e ulteriori 200 kW di solare nel centro commerciale Pilastro e per i condomini vicini. Oltre a due impianti sempre solari da 200 kW ciascuno, sulle coperture del Fashion Research Institute, ZR Experience e delle imprese limitrofe. Il tutto per un totale di 14 MW di nuova potenza generata da impianti fotovoltaici, che entro il 2023 produrranno oltre 15,4 milioni di kWh/anno, con un risparmio di 120 MWh/anno di energia, evitando l’immissione in atmosfera di 58.000 tonnellate di CO2/anno.
Il progetto è in corso e prevede lo sviluppo di una piattaforma per l’analisi dei flussi energetici (produzione, stoccaggio e consumo), utile a garantire la flessibilità dell’energia all’interno delle Comunità. Tale piattaforma sarà affiancata da tecnologie in grado di individuare la configurazione ottimale delle apparecchiature smart e quindi di consentire ai membri della Comunità di monitorare i propri consumi e il proprio contributo energetico nella Comunità. Il tutto insieme a un sistema blockchain finalizzato a registrare l’autoconsumo di energia elettrica.
Collaborazione a livello europeo: un nodo ancora critico
Il Comune di Modena ha provato anche ad avviare partnership con altre città europee, ma, per ora, senza ottenere risultati positivi. Un primo esempio è la candidatura costruita nel 2019 sul programma di finanziamento UE Horizon 2020 con il Progetto “Positive Energy Districts”. In tal senso, il Comune aveva individuando un’area di 2,5 ettari ricomprendente 4 edifici (una palestra, una scuola, una biblioteca e un condominio) e aveva costruito una partnership tecnica locale con il gestore dei servizi energetici Hera, AESS e la società Energy Way per la gestione dei dati.
L’obiettivo era raggiungere in 4 anni la neutralità o la positività energetica del distretto mettendo in pratica soluzioni a elevato tasso di innovatività che potessero essere replicabili “dal mercato” nel breve/medio termine, attraverso interventi di efficientamento energetico/riduzione dei consumi, produzione da fonti rinnovabili e integrazione dei sistemi energetici e sociali da realizzare sia negli edifici sia nelle aree pubbliche e con il coinvolgimento della comunità locale. La candidatura però non ha avuto seguito, perché il Comune di Modena non è purtroppo riuscito a creare partnership con altre città europee.
A gennaio 2021, invece, la partnership europea è stata trovata e così è stato candidato un progetto analogo al precedente ancora nell’ambito del programma UE Horizon 2020 e sempre sullo stesso quartiere, aggiungendo l’utilizzo dell’idrogeno come forma di accumulo. Il progetto però non è stato selezionato.
Dalle esperienze fatte risulta molto difficoltoso costruire partnership transnazionali su progetti che richiedono alta innovazione tecnologica e, conseguentemente, investimenti economici molto importanti. Qualora poi si riuscisse a realizzare una partnership, la concorrenza sui bandi europei è molto alta e le percentuali di successo si sono molto ridotte.
Comunità energetiche: le questioni ancora aperte
Il parziale recepimento delle direttive europee in tema di autoproduzione e scambio di energia ha permesso l’avvio di tantissime storie, con numeri incredibili se si considera che la Legge è stata approvata poco più di un anno e mezzo fa. Ma il recepimento definitivo deve essere anche l’occasione per superare le questioni ancora aperte e le criticità emerse. A partire dal dimensionamento del perimetro delle Comunità Energetiche, la potenza degli impianti, i problemi legati alle cabine secondarie, la definizione degli incentivi e la governance del meccanismo. Oltre al tema legato ai soggetti esclusi e che oggi non possono far parte delle Comunità Energetiche come ONG ed enti del terzo settore.
Il dimensionamento delle Comunità Energetiche
Il dimensionamento delle Comunità Energetiche, basato su un parametro elettrotecnico, ovvero la cabina di media e/o bassa tensione, spesso risulta essere limitante rispetto al potenziale di partecipazione che solitamente si verifica nelle esperienze in progetto, soprattutto per gli impianti sopra i 150 kW.
Gli incentivi oggi premiano solo l’energia condivisa mediante una tariffa indipendentemente dalla taglia degli impianti. Una delle criticità rilevate è quella legata alle configurazioni che partono con piccoli impianti, che si dimostrano sostenibili solo grazie alle detrazioni fiscali e al superbonus. Per assicurare il proseguimento delle esperienze dal basso è necessario un meccanismo che renda economicamente sostenibili anche questi progetti.
Il tema della governance del meccanismo
Un tema delicato è la governance del meccanismo: messo in discussione in Europa da un emendamento che prevede lo scorporo dei benefici spettanti ai membri direttamente dalle loro bollette, crea una serie di potenziali complessità nella gestione stessa di queste esperienze e di rischio invalidazione di modelli di business attualmente sviluppati. In tema di governance, inoltre, è necessario non soltanto semplificare, come accade con molti modelli attualmente in sviluppo, ma anche pensare a modelli gestibili dal basso per le piccole configurazioni, senza rischiare che costi di gestione complessi possano inficiare i benefici e far perdere attrattività sul tema. Possibile anche pensare un ruolo attivo dei gestori in tal senso, ovvero applicando lo scomputo direttamente in bolletta, ma in forma libera e non strettamente necessaria.
Le ONG e gli Enti del Terzo settore, non previsti dalla direttiva europea, devono avere gli stessi diritti da prosumer di cittadini, imprese ed enti locali: su questo aspetto i Governi devono intervenire, prevedendo, nel recepimento la loro partecipazione.
Climate-neutrality, obiettivo irrealizzabile nei tempi proposti?
Oggi, in Italia, gli oltre 1,1 milioni di impianti da fonti rinnovabili sono in grado di soddisfare il 37,6% dei consumi elettrici totali e il 19% dei consumi energetici complessivi, attraverso un mix di tecnologie finalizzate alla produzione di energia elettrica e/o termica presente in tutti i Comuni. Stando però alla media delle installazioni attuali e alla parallela riduzione dei consumi attraverso l’efficienza, al nostro Paese occorreranno quasi 70 anni per raggiungere gli obiettivi dell’UE.
Per mantenere gli impegni presi e rispettare i tempi è quindi necessario un intervento rapido e concreto per velocizzare il processo. E in questo un valido apporto potrebbe venire proprio dalle community energy.
L’articolo è realizzato nell’ambito del progetto ICity Club – L’Osservatorio della trasformazione digitale urbana di FPA a cui Modena partecipa. Tra i vari servizi, anche quello di valorizzare i processi e le pratiche di innovazione tramite l’Open Space dell’Innovazione, la sezione del sito forumpa.it dedicata alla raccolta di notizie, interviste e approfondimenti delle città aderenti ad ICity Club e pubblicato sul Portale Ambiente della Regione Emilia-Romagna