“Città civili dell’Emilia Romagna”, il progetto originario e la sua evoluzione

La gestione sostenibile dei beni comuni come forma consolidata di partecipazione

Il Progetto “Città civili dell’Emilia-Romagna” nacque nel 2013, in anni che vedevano fiorire, moltiplicarsi e ramificarsi le occasioni di collaborazione tra cittadini e Amministrazioni nell’ambito della tutela e della valorizzazione dei beni comuni.

Queste inedite sinergie tra cittadinanza attiva e istituzioni hanno richiesto ai decisori politici l’adozione di altrettanto nuovi strumenti normativi e organizzativi. È nato così, ad esempio, nel 2014, primo in Italia, il “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani” del Comune di Bologna (diverse decine di Comuni italiani hanno, in seguito, adottato provvedimenti analoghi ad esso). Oltre a ciò, è opportuno ricordare che il concetto di “Patto di collaborazione” tra Comuni e popolazione fa parte, ormai, del patrimonio culturale civico del nostro Paese.

Sempre più frequentemente le idee e le proposte progettuali di cura collaborativa dei beni comuni vengono valutate e realizzate attraverso processi, metodologie e tecniche propriamente partecipative.

Negli ultimi 5 anni, si è affermata, in territorio emiliano-romagnolo, l’iniziativa “Educazione alla cittadinanza e beni comuni” che, non soltanto rappresenta la continuazione e l’evoluzione del Progetto precedente, ma si inserisce, a pieno titolo, nelle azioni di sistema previste dal “Programma regionale di informazione ed educazione alla sostenibilità 2017/2019”, costruito esso stesso mediante un processo partecipativo (“ioPartecipo+” vi ha dedicato, a suo tempo, la “Piazza” “A scuola di futuro”), approvato dalla Regione Emilia-Romagna e attuato da Arpae – Area Educazione alla Sostenibilità, che agisce attraverso la rete dei Ceas.

Il 5 dicembre ultimo scorso è stato pubblicato online, a cura del Centro Antartide, un report dal titolo “Città civili dell’Emilia-Romagna - volume II”. Esso, nella prima parte, contiene un’approfondita descrizione delle finalità prioritarie di “Educazione alla cittadinanza e beni comuni” e propone interessanti riflessioni su tematiche oggi sfidanti, quali: che cosa si intende per città resilienti; il rapporto tra green economy e green society; le complesse relazioni tra economia circolare e bene comune e gli impatti sociali delle esperienze di consumo; gli obiettivi principali della “Agenda 2030 ONU per lo sviluppo sostenibile”.

Nella seconda parte, il volume, intende proseguire e aggiornare la mappatura delle buone prassi partecipate di gestione dei beni comuni cominciata nel 2013. Grazie a tale ricognizione, sono state censite, a livello regionale, ben 500 esperienze (alcune delle quali nate dal basso, spontaneamente; altre attivate su specifica sollecitazione degli Enti locali preposti). Non ognuna di esse è presentata nel testo. I redattori hanno operato una attenta selezione di casi studio (raggruppandoli per macro-aree tematiche), privilegiando quelle attività che, proprio in quanto rispondono efficacemente alle necessità delle comunità entro cui nascono, divengono pratiche e strategie creative e socialmente innovative, capaci di spalancare orizzonti per le comunità in cui vengono realizzate, ma anche per il territorio regionale nel suo complesso.

Prescindendo dai singoli processi raccontati, il risultato più interessante che si ricava da questa istruttoria, è, in conclusione, il seguente. Che si tratti di decoro urbano o della riqualificazione di quartieri; della riprogettazione di zone scolastiche o della preservazione della qualità dell’aria; o, infine, della manutenzione delle aree verdi e della biodiversità (per citare solo alcuni argomenti), la parola chiave per “dar corpo e sostanza alle politiche locali” è, ora e ancor più in futuro: partecipazione; ovvero, ascolto e coinvolgimento concreto – “civic engagement” – di tutte le eterogenee componenti del tessuto sociale.  

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ultima modifica 2022-09-09T11:14:41+02:00
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